Tra borghi e boschi, arricchita di monumenti e musei, si snoda la rete dei Luoghi e dei Sentieri della Memoria del territorio di Montese, attraverso 23 km di percorsi.
Come un dialogo tra il passato di un lungo anno di guerra e un presente volto alla pace, il Museo Diffuso percorre le montagne e le valli del montesino raccontando la durezza del periodo che dall'estate del '44 porta al termine della Seconda guerra mondiale, nell'aprile del '45.
Il sentiero, ben indicato dalla segnaletica e privo di difficoltà, è di facile percorribilità, anche a tappe, per tutta la famiglia o le scolaresche; arricchito dalla presenza di due musei al centro di Montese e di Iola, il percorso può costituire anche un supporto didattico.
Alcuni cartelli descrittivi posizionati nei luoghi topici (crinali, borghi, luoghi di battaglie...) favoriscono la comprensione dei diversi accadimenti.
Il racconto preciso della Storia, della spietatezza della guerra, dello scontro tra le armate e finalmente della Liberazione si delinea e viene così reso comprensibile, tratteggiato da questo particolare Sistema museale.
Una giornata trascorsa tra colline e montagne, boschi misti e prati polifiti, in una natura ancora ricca e multiforme si può quindi trasformare in un'esperienza di scoperta e approfondimento storico. In aggiunta, l'ospitalità offerta dalla tradizione della cucina locale non potrà che accrescere il piacere della conoscenza.
Rifugi antiaerei
Nell'estate del '44, con l'avanzare delle truppe alleate in direzione dell'Appennino Tosco-emiliano, iniziarono i primi bombardamenti aerei alleati; dall'inverno del '45 sino al termine del conflitto alle incursioni alleate si aggiunsero cannoneggiamenti da ambo gli schieramenti. La popolazione, in quel lungo anno di privazioni e violenze, dovette imparare a convivere sia con la potenza distruttiva delle armi che con i rastrellamenti delle forze dell'Asse. Vennero utilizzate allora come rifugi le cantine e le stalle, furono scavati rifugi antiaerei. Nel centro di Montese ci si nascose anche nelle fogne. I boschi e la conoscenza precisa del territorio da parte degli abitanti favorirono la popolazione stremata; la presenza di grotte e inghiottitoi naturali si rivelò fondamentale per mettersi in salvo dalle continue bombe e dalle violenze. Tronchi di vecchi castagni cavi divennero nascondigli e vennero costruiti altri ripari. Segnale di un imminente bombardamento era il passaggio di un ricognitore che venne ribattezzato Pippo (o Cicogna). La lunga attesa all'interno dei rifugi poteva durare notti o giorni interi, inoltre l'ipotesi di venire scoperti e che il rifugio venisse occupato dai tedeschi non era improbabile. In quegli spazi ristretti allora si pregava, si parlava a bassa voce, si tentava di dormire, si celebrarono messe. Molti rifugiati provenivano dalla pianura: la montagna dell'Appennino era considerata un luogo più sicuro della città; Montese offrì rifugio anche a diversi cittadini ebrei perseguitati dalle leggi razziali.